Intervista a Domenico Zana (Rós dei Pìch).

Il forno si trova nell’angolo destro rispetto alla porta d’ingresso della stalla che custodiva anche le galline.
Oggi la stanza è stata completamente ripulita dalla fuliggine, ma anticamente era un ambiente annerito dal fumo che, copioso, fuoriusciva dalla bocca del forno per trovare una via di fuga in una finestrella posta dalla parte opposta. Il buco sottostante per la legna da ardere è stato coperto dallo stesso Domenico quando negli anni ‘70 ha ristrutturato l’edificio; la volta è in mattoni refrattari e la base in piastrelle quadrate sempre di materiale refrattario.
Il forno era a uso familiare: erano le due zie nubili che facevano il pane per la numerosa famiglia. Prima della ristrutturazione si accedeva al forno direttamente dalla cucina attraverso una scala talmente stretta che bisognava scendere in retromarcia. Nei ricordi di Domenico riaffiorano gli attrezzi usati: la méşa (una sorta di tramoggia in legno per impastare e far lievitare il pane), la tavola per fare il pane dotata di sponde laterali lunga come il tavolo, la raspa e la paletta di legno. Le zie facevano il pane bianco che durava una settimana e veniva conservato nella farinera avvolto in un sacco di carta. “Mi ricordo che le pale per il pane erano due ed erano appoggiate in orizzontale su due perni posti alla base della bocca del forno”.
La legna usata per scaldare il forno era quella di frassino, carpino e rovere perché l’altra legna faceva troppo fumo e l’odore poteva rovinare il pane. Per accendere il fuoco venivano usata legna di vite. I Pichì avevano numerosi campi che ancora oggi sono in località Barca. Si seminava specialmente frumento, ma anche granoturco e segale; con la farina di mais si faceva la polenta che era il cibo principale nella colazione dei bambini di un tempo.

Domenico, quando ci mostra gli oggetti che adornano il suo forno, non riesce a celare una certa emozione, la mente va alla sua Domenica, che amava tantissimo il lavoro nei campi e tutti gli attrezzi che rimandano all’agricoltura.

Un grazie va rivolto a queste persone sensibili, come i coniugi Zana, depositarie dei saperi e dei sapori di un tempo!