Il forno qui conservato è un forno non locale ma proveniente da una demolizione di Niardo, forse antico (sempre con riferimento al significato che ad antico stiamo dando in questo lavoro) e qui ricostruito, alla sinistra della porta d’ingresso e parzialmente protetto dalla scala che conduce al piano superiore, indicativamente all’inizio degli anni Sessanta.
Il forno è stato usato poco, non per la cottura del pane ma, raramente per la preparazione di dolci (per i biscotti la padrona di casa si era fatta realizzare delle teglie su misura) e panettoni, che però non erano particolarmente apprezzati per l’odore di fumo che acquisivano.
Si tratta di un tipico forno con camera emisferica, la bocca in questo caso è quadrata, e la “camera di raccolta esterna” del fumo è moderna come pure la soglia; sia il piano di cottura che la camera emisferica sono intonacati.
Il teschio è quadrato con il manico pieghevole, che permette il ripiegamento su sé stesso senza necessità venga rimosso.
Questo Bàit, superstite in zona di nuova urbanizzazione, è probabilmente una testimonianza interessante di come erano le aree agricole periferiche (ma non troppo) di Losine fino a qualche decennio fa.
La Signora Bronzini, amante dei camini (ne ha fatti costruire uno a casa e uno in questo bàit dal medesimo muratore che ha ricostruito il forno), mi ha raccontato il motivo, rivelato anche a lei, di perché una volta i camini tiravano sempre: le porte non venivano chiuse ma “lasciavano la polaröla dei gatti” (la porta socchiusa).